Salta la navigazione

Tag Archives: economia

Un mese fa chiudevano Silk Road.
 
Questo è l’effetto sul valore del bitcoin:
Bitcoin_ago-ott-2013
 
Qualche giorno fa, in Canada, hanno aperto il primo “bancomat” per bitcoin.
 
Nel frattempo la FED continua a versare liquidità.

 

 

 

 

 

 

 


 

 

Let’s say we figure out “what has driven real wage growth” using empirical methods. After estimating our coefficients with backfitting, we can forecast future wage growth using our calibrated model. Bam! It predicts extraordinarily well, given the crude quality of our data collection.
 
OK great. Now: Does anybody think we have discovered a true economic law in the same way that physicists think that there are actual laws governing the behavior of matter?
 
I hope not. No matter how much “experience has confirmed” an empirical regularity in the social sciences, people still have free will (at least operationally, if we’re doing a social science rather than looking at them as collections of atoms) and so those forecasting models could go out the window tomorrow.
 
In contrast, if I logically deduce that, “The purchasing power of money will be lower, other things equal, when the stock of money increases,” then that is a genuine law of economics. If you allow me to define the terms etc. in such a way that that proposition is true today, then it will necessarily be true for all time and all cultures.

Bob Murphy

 
 
 


 
 

La ragione della variazione di costo non è ancora chiara“… se ci si ostina a pensare secondo l’economia classica e la sua teoria del valore-lavoro.
Diventa chiarissima dopo Menger (e stiamo parlando del 1871) e la sua rivoluzionaria teoria del valore (e non è un mio parere personale, che sia stata rivoluzionaria, visto che generalmente ci si riferisce ad essa proprio chiamandola rivoluzione marginalista).
La spiega icasticamente Israel Kirzner in questa lezione, The History of Austrian Economics, nei dieci minuti circa che seguono a partire dal minuto 32 circa (sia il link che il video qui sotto dovrebbero partire già dal punto giusto).

Di quale conflitto di interessi parla Gino Strada?
Vi offro tre o quattro possibilità:

  • il pagamento a prestazione da chi gode della prestazione;
  • il pagamento a prestazione da un pagatore terzo, lo Stato;
  • il pagamento a prestazione tout court, che dovrebbe essere sostituito da:
    • pagamento forfettario
    • nessun pagamento

Andiamo a ritroso, perché è ovvio che l’ultima possibilità la vogliamo scartare, vero? E chi mai farebbe il medico gratuitamente? Come si procurerebbe da vivere per sé, per poter poi donarsi totalmente agli altri?

Anche il pagamento forfettario, però, non ha i giusti incentivi, affinché il medico offra un buon servizio: cosa lo dissuaderebbe dal vivacchiare a livelli minimi, ché tanto lo pagano lo stesso, e per lo stesso ammontare? Il pagamento a prestazione serve precisamente a quello, ad incentivare l’offerta di un servizio migliore, ad incentivare i medici a curare meglio, dal momento che in tal modo più gente li cercherà per essere curata. Perché stiamo parlando di casi del tutto generali, vero? Non si può mica pretendere che siano tutti generosi come Strada.

Proseguendo a ritroso, però, dobbiamo depennare anche la seconda opzione dall’alto: se a pagare non è la stessa persona che richiede la prestazione, si incentiva il sovracconsumo, si incentiva ad usufruire di servizi oltre le reali possibilità di affrontarne i costi, oltre a renderli del tutto arbitrari, quei costi, perché completamente disaccoppiati dal mercato.

Allora, di quale conflitto di interessi stavamo parlando?

[…]
Take global poverty. In 1990, the UN announced Millennium Development Goals, the first of which was to halve the number of people in extreme poverty by 2015. It emerged this year that the target was met in 2008. Yet the achievement did not merit an official announcement, presumably because it was not achieved by any government scheme but by the pace of global capitalism. Buying cheap plastic toys made in China really is helping to make poverty history. And global inequality? This, too, is lower now than any point in modern times. Globalisation means the world’s not just getting richer, but fairer too.

The doom-mongers will tell you that we cannot sustain worldwide economic growth without ruining our environment. But while the rich world’s economies grew by 6 per cent over the last seven years, fossil fuel consumption in those countries fell by 4 per cent. This remarkable (and, again, unreported) achievement has nothing to do with green taxes or wind farms. It is down to consumer demand for more efficient cars and factories.

And what about the concerns that the oil would run out? Ministers have spent years thinking of improbable new power sources. As it turns out, engineers in America have found new ways of mining fossil fuel. The amazing breakthroughs in ‘fracking’ technology mean that, in spite of the world’s escalating population — from one billion to seven billion over the last two centuries — we live in an age of energy abundance.

Advances in medicine and technology mean that people across the world are living longer. The average life expectancy in Africa reached 55 this year. Ten years ago, it was 50. The number of people dying from Aids has been in decline for the last eight years. Deaths from malaria have fallen by a fifth in half a decade.
[…]

(The Spectator, via Quintarelli, enfasi mia)

Scopro solo ora, grazie al (primo) repost su Von Mises Italia, un interessantissimo post in due parti pubblicato da Damiano Mondini su The Road to Liberty: L’annosa questione del valore: alle origini del problema e la controrivoluzione classica.
Non sapevo (ma nessuna meraviglia, la mia ignoranza è abissale) di quanti — e quanto antichi — precursori ci fossero della rivoluzione marginalista. Che tanto rivoluzione non sarebbe stata, dunque, se non fosse passato di lì anche Adam Smith con la sua teoria del valore-lavoro, che tanti epigoni avrebbe fatto, fino allo stesso Karl Marx:

E’ in ogni caso indubbia la lontananza di Adam Smith da quel liberismo pro-mercato di cui è sovente indicato come il progenitore, così com’è molto più evidente lo stretto legame fra la sua speculazione e quella di Karl Marx.

Forse voleva essere provocatorio, anche se ai più sembrerà delirante, ma quest’ultima di Carletto Darwin:

[…] se è giusto pagare le tasse nel paese in cui si lavora, non è giusto anche sposarsi e avere i figli nel paese in cui si vive? E se questo per le coppie di gay non è possibile, non è elusione delle leggi farlo in un altro paese?

a me sembra, quantunque involontaria, una fantastica argomentazione a favore dell’evasione fiscale.

Falcon (9) contro Ariane (5): sarà un po’ una metafora del confronto fra libero mercato e pianificazione centrale?

“Not only can we sustain the prices, but the next version of Falcon 9 is actually able to go to a lower price,” warned Mr Musk (SpaceX chief executive, ndm). “So if Ariane can’t compete with the current Falcon 9, it sure as hell can’t compete with the next one.”

SpaceX CEO Elon Musk: Europe’s rocket ‘has no chance’, BBC News

Il pretesto per questo post è questo vecchio video da LearnLiberty.org, The Broken Window Fallacy, che Von Mises Italia ha riproposto oggi doppiato in italiano, La fallacia della finestra rotta:

 

A sentirla così sembra una banalità: cosa fa un ragazzino che rompe una finestra con un sasso, crea o distrugge valore?
E cos’è, una domanda di terza elementare? Devo stare a rispondere? Ad argomentare, pure?!?

A voler concedere il beneficio del dubbio, dovremmo ipotizzare che si tratti di un fantoccio argomentativo: i keynesiani non intendono quello!

Ma ogni tentativo di risposta in cui mi è capitato di imbattermi ha sempre assunto l’aria di un intricato castello di funi e carrucole volto a tirarsi su i pantaloni con una manovella, per poter dire la parola magica, moltiplicatore, e con fumo d’aspetto matematico menar per l’aia il bimbo di terza elementare.

Davvero, qualcuno mi spiega come i keynesiani sfuggono alla candida critica di Bastiat?

Segnalo un interessante articolo scoperto tramite Il neurone proteso: Che cos’è il debito? (la fonte originale è un’intervista a David Graeber pubblicata su Naked capitalism, poi tradotta da Sinistrainrete).
Ci sono alcuni piccoli dettagli che trovo discutibili e in particolare mi dissocio pressoché totalmente dalle considerazioni in risposta alle ultime tre domande “d’attualità”; ma è molto interessante tutta la prima parte in chiave storica, a partire, ovviamente, dal falso mito del baratto, fino ad arrivare, soprattutto, all’emergere di dinamiche che oggi chiamiamo economiche a partire da certe tipologie di dinamiche sociali con profonda valenza morale, che costituiscono, queste di quelle, fondamento e significato recondito.